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mercoledì 31 ottobre 2007

Imposte non pagate dai Monopoli di Stato,sono 98 MILIARDI DI EURO.perchè non se ne parla più,che fine hanno fatto?

Due giornalisti del Secolo XIX di Genova, Menduni e Sansa, denunciano da tempo le imposte non pagate dai Monopoli di Stato. Tenetevi forte, sono 98 MILIARDI DI EURO.
Dove sono finiti questi soldi? Ai partiti, alle Mafie, a privati cittadini? Tangentopoli in confronto sembra una barzelletta e Valentino Rossi un bambino che ha rubato le caramelle.
Visco se ci sei batti un colpo, dato che le federazioni dei Ds sono proprietarie di sale Bingo. Fini e Alemanno, così impegnati sui costi della politica, chiedete informazioni ai vostri consiglieri delle società concessionarie delle slot machine.
Di seguito la lettera di Menduni e Sansa al signor Tino, direttore dei Monopoli di Stato.

Secondo il rapporto di una commissione di inchiesta parlamentare e secondo gli uomini della Guardia di Finanza infatti, tra imposte non pagate e multe non riscosse le società concessionarie delle slot machine devono allo Stato 98 miliardi di euro. Sarebbe una delle più grandi evasioni della storia d’Italia
Con quel denaro si potrebbero costruire metropolitane in tutte le principali città d’Italia. Si potrebbero comprare 1.000 Canadair per spegnere gli incendi. Potremmo ammodernare cinquecento ospedali oppure organizzare quattro olimpiadi. Si potrebbero realizzare impianti fotovoltaici capaci di fornire energia elettrica a milioni di persone oppure si potrebbe costruire la migliore rete di ferroviaria del mondo.
che fine hanno fatto quei 98 miliardi di euro che secondo la Finanza sono stati sottratti alle casse dello Stato?
Finora non ci sono risposte. Pochi lo sanno, ma i Monopoli gestiscono il commercio del tabacco e del gioco d’azzardo legalizzato. Insomma, un tesoro, su cui i partiti si sono lanciati da anni: An ha suoi rappresentanti proprio nei consigli di amministrazione delle società concessionarie delle slot machine, mentre le federazioni dei Ds sono proprietarie di molte sale Bingo.

tratto dal blog di beppe grillo

martedì 30 ottobre 2007

"Istruttoria Antitrust su Mediaset"ma era un falso"

Un falso comunicato scritto in tutto e per tutto come quelli diffusi dal Garante per la concorrenza e spedito alle agenzie di stampa da un indirizzo di posta elettronica che simulava quello dell'ufficio stampa dell'Antitrust ha creato non poca agitazione questa mattina. Nella nota si annunciava l'apertura di un'istruttoria contro Mediaset per presunto abuso di posizione dominante nel settore delle tessere prepagate per la tv digitale, una notizia destituita di qualsiasi fondamento, ma che prima della smentita ufficiale del Garante le agenzie hanno fatto in tempo a lanciare in rete.

La bufala era costruita con grande abilità, sia nella scelta del linguaggio che nel camuffamento dell'indirizzo email. Ma, fanno notare dall'Antitrust, con il senno di poi si poteva capire da alcuni dettagli che si trattava di un falso, primo fra tutti il fatto che la nota è stata diffusa a mercati aperti.

Nessuno comunque ha violato il sistema editoriale del sito dell'Authority, come si era appreso in un primo momento. Più che di hackeraggio si è trattato insomma di un tentativo di phishing, anche se non è chiaro se solo per il gusto della burla o se con qualche obiettivo nascosto. "All'origine dei comportamenti abusivi della società - affermava il falso comunicato - il mancato rispetto del decreto 7/2007, volto tra l'altro a regolare la materia delle tessere prepagate". Aggiungendo: "L'azienda avrebbe interpretato in modo anomalo tale decreto 7/2007, non prevedendo alcun rimborso del credito residuo delle carte Mediaset premium per il digitale terrestre".


L'episodio è stato denunciato dall'Antitrust alla polizia postale e nel caso l'autore del falso venga individuato rischia un'incriminazione per diversi reati, primo fra tutti quello di turbativa di mercato.
da repubblica.it

lunedì 29 ottobre 2007

TASSA SUL FURTO "l'italia recepisce una norma europea applicata solo in germania"

TI RUBANO IL MEZZO ,AUTO O MOTO CHE SIA E SI VA IN CONTRO AD UNA SPESA DI 90 EURO CIRCA TRA TASSE E BOLLI ,SOLO IN GERMANIA ,DOVE SI PAGA 12 EURO VIENE APPLICATA QUESTA NORMA
PER SAPERNE DI PIU VAI A http://www.ilmessaggero.it/view.php?data=20071028&ediz=01_NAZIONALE&npag=11&file=B_290.xml&type=STANDARD

Liste di attesa record negli ospedali per i cocainomani che si rifanno il naso


SORRENTO (Napoli) - Rifarsi il naso distrutto dalle sniffate di cocaina è una necessità per i consumatori di polvere bianca. Ma la richiesta per questo tipo di intervento, gratis in ospedale o con diecimila euro in una struttura privata, si sta diffondendo in misura tale che i chirurghi hanno ormai delle vere e proprie liste d'attesa. La segnalazione giunge dal Congresso di Federserd, la federazione degli operatori pubblici delle dipendenze, in corso a Sorrento. Fino a poco tempo fa, i casi di ricostruzione del naso - dicono gli esperti di Federserd - erano rarissimi, uno su cento cocainomani, quasi nessuna donna. E riguardavano per la quasi totalità vip dello spettacolo o manager. Ora la richiesta di questo intervento si è ampliata. Ci sono liste di attesa di cinque mesi in cliniche private e più di un anno e mezzo in ospedale, quasi quanto per una Tac. Non sono più rare le donne, e sono sempre più numerose le persone di tutti i ceti sociali. "Si sniffa cocaina, si vede il naso danneggiato con grande difficoltà nella respirazione - dice Claudio Leonardi, coordinatore del Comitato scientifico di Federserd - si va dal chirurgo plastico per un intervento, si soffre un po' e poi se non si è imparata la lezione e non ci si è curati, si torna a sniffare". Il dato allarmante è che il fenomeno è in costante crescita. "E' un problema in aumento - aggiunge Leonardi - e lo verifichiamo ogni giorno parlando con i tossicodipendenti. La situazione è ancor più grave se si pensa che sono costretti alla ricostruzione del naso anche tanti giovanissimi, nei quali le mucose e la cartilagine sono più delicate".
"Il naso da coca" è ormai una vera e propria patologia spiega il professor Gaetano Paludetti, direttore dell'Istituto di clinica otorinolaringoiatrica del policlinico Gemelli, che lancia l'allarme sull'aumento degli italiani costretti a ricorrere a un'operazione chirurgica per rifarsi il naso distrutto dalla droga. Granulomi sottocutanei, vasi sanguigni cicatrizzati e inservibili, riassorbimento dei tessuti: il naso del cocainomane è fortemente compromesso, la carenza di circolazione sanguigna manda in necrosi i tessuti, e l'operazione chirurgica a lungo andare è inevitabile. "Sono venute da me - racconta Paludetti - persone con due buchi al posto del naso, senza più tessuti. Sono sempre più numerosi quelli che chiedono un intervento, anche se quasi tutti non ammettono che la causa scatenante è la cocaina. Ma è importante per un chirurgo saperlo, anche perché i tessuti sono così deperiti che è molto complicato procedere a una ricostruzione". Interventi delicati, insomma, con lo scopo di garantire un ritorno a un livello accettabile di capacità respiratoria, ma che per molti pazienti sono solo uno strumento per poi tornare a "sniffare" liberamente: "Tutti dicono che hanno smesso - rivela l'otorino - ma quasi tutti poi riprendono ad assumere cocaina, e non è raro il caso di gente che torna, dopo alcuni anni, per rioperarsi". A bussare alla porta del chirurgo sono le persone più disparate, giovani e meno giovani, uomini e donne, benestanti e ceti più modesti: "Non c'è un identikit del malato di 'naso da coca' - spiega Paludetti - diciamo che si va dai 20 ai 60 anni di età, ma talvolta anche oltre, e spesso sono persone insospettabili. Di certo il naso rovinato dalla cocaina è una patologia emergente, ma non la sola: esistono casi di persone che hanno buchi nel palato, con la comunicazione tra naso e palato aperta, a causa dell'effetto distruttivo della coca. E' una cosa molto seria, e non è necessario essere cocainomani da molti anni: se la droga è tagliata male, bastano poche sniffate per avere le vie respiratorie danneggiate".
Il "naso da coca" è ormai una patologia e l'intervento diventa inevitabileIn aumento i consumatori di polvere bianca, anche donne e giovani di tutti i ceti sociali
Cinque mesi per una rinoplastica in clinica privata più di un anno e mezzo in una struttura pubblica
DA REPUBBLICA

domenica 28 ottobre 2007

USA PER LA GUERRA IN IRAQ ,FU USATA UNA CARTINA TURISTICA COME INDICAZIONE PER INVASIONE"vero"

Bbc, gli Usa per ricostruire l'Iraq usarono una vecchia guida turistica
LONDRA - Gli Usa andarono alla guerra in Iraq con i piani per la ricostruzione basati su una vecchia guida turistica del Medio Oriente pubblicata dalla Lonely Planet. La scioccante rivelazione è stata fatta dall'ex ambasciatore Usa Barbara Bodine, che faceva parte della task-force incaricata della ricostruzione del Paese, nel corso di un'inchiesta della Bbc che va in onda stasera.

sabato 27 ottobre 2007

TLC: LA 3 DISATTIVA LE SIM E ANNUNCIA RINCARI SULLE TARIFFE, PER L’ADOC E’ UNA VIOLAZIONE DEL DECRETO BERSANI

Carte sim disattivate, rincari sulle tariffe delle ricaricabili, utenti avvisati con sms criptici. Inevitabili le proteste dei clienti della 3, che accusano la società di non aver rispettato il contratto e la legge sulle liberalizzazioni.
“La H3G sta violando il decreto Bersani – commenta Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc – Migliaia di sim sono state disattivate per inutilizzo negli ultimi 12 mesi, ma secondo il decreto non si possono più considerare termini di scadenza per le carte prepagate”.
La 3 inoltre ha previsto rincari dal primo settembre sulle vecchie tariffe sottoscritte, annunciati via sms ai clienti.
“Gli sms inviati sono poco comprensibili – spiega Pileri – soprattutto per i clienti non esperti. Si prevedono rincari del 15% circa sulle tariffe voce, che rappresentano il maggior traffico effettuato dagli utenti che, se volessero recedere dal contratto, sarebbero costretti a pagare una penale e si troverebbero impossibilitati a trasferire il proprio credito residuo al nuovo operatore”.
L’Adoc chiederà all’Autorità di vigilanza di intervenire fornendo un dossier sul comportamento scorretto di 3, ma è anche pronta a chiedere l’intervento del giudice di pace a tutela dei consumatori danneggiati.
“Invitiamo – conclude Pileri – tutti coloro che si trovano in questa situazione ad inviarci al più presto una lettera o una email con informazioni dettagliate e il proprio recapito, in modo da poter essere contattati dai nostri operatori”.
nuove denuncie da parte dei consumatori verso tre

venerdì 26 ottobre 2007

EVASIONE FISCALE,SCANDALO RAI NON CHIEDE IL CANONE AD MPRESE ED ENTI LOCALI

EVASIONE FISCALE. LA RAI NON VUOLE RISCUOTERE ALMENO UN MILIARDO DI EURO L'ANNO DI CANONE/TASSA DA IMPRESE ED ENTI LOCALI
Firenze, 26 ottobre 2007. L'evasione del canone/tassa Rai da parte delle imprese italiane e' intorno al 95%, per un valore tra 740 milioni e un miliardo di euro l'anno. La Rai, pero', si e' concentrata sulla presunta evasione delle famiglie (pagano "solo" il 71,30%), imbastendo una poderosa campagna con visite a domicilio di incaricati specifici e convocazioni della Guardia di Finanza, e milioni di lettere in cui intima il pagamento e minaccia azioni giudiziarie. Oltre a questo, la Rai continua a chiedere l'aumento oltre il tasso di inflazione del canone delle famiglie e rimediare cosi' ai propri conti in rosso. Tanta solerzia, invece, non c'e' nei confronti di imprese ed enti locali.

IL CANONE RAI - Il canone ordinario (quello delle famiglie) e' dovuto per il possesso di "apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni". Oltre al televisore, per la Rai si deve pagare anche per computer e/o monitor e altri apparecchi multimediali (videofonino, videoregistratore, iPod, sistemi di videosorveglianza, ecc.).
Ma altrettanto non viene fatto per i canoni speciali, dovuti per il possesso di tali apparecchi fuori dall'ambito familiare, limitandosi piu' che altro a chiederne il pagamento per il possesso di soli televisori. E' evidente che l'espressione "apparecchi atti o adattabili" assume per la Rai due significati diversi: piu' ampio per i canoni ordinari, piu' ristretto per quelli speciali. La conferma giunge da questa nostra indagine su dati Istat.

L'INDAGINE ADUC - Secondo i dati dell'Istituto demoscopico del Governo, in Italia risultano 4.371.087 imprese; il 91,7% delle quali ha Internet e, di conseguenza, almeno un computer. Considerando solo queste ultime imprese, i canoni dovuti sarebbero 4.008.286. Ma dai dati pubblicati sul sito ad hoc della RAI (www.abbonamenti.rai.it) risulta che i canoni speciali riscossi al 31 dicembre 2006 erano 171.554. Ammesso e non concesso che il numero di abbonati speciali riportato dalla Rai sia costituito da sole imprese, l'evasione di questo canone da parte delle imprese e' apprezzabile intorno al 95,8%. Limitandosi ad applicare il canone speciale base (185,29 Euro) a quel 95,8% delle imprese, l'evasione e' di 742.695.000 Euro.
Se si considera che oltre alle imprese vi sono altri due milioni di lavoratori indipendenti, che il canone speciale va pagato per ciascuna sede o ufficio, e che lo stesso varia da 185,29 a 6.199,50 euro l'anno a seconda della tipologia commerciale, non ci sembra di esagerare nel valutare l'evasione come minimo sul miliardo di euro l'anno. *

Pietro Yates Moretti, consigliere Aduc

* Per il calcolo dell'evasione, si consideri anche che:
- oltre alle imprese, dovrebbero pagare il canone speciale anche gli oltre due milioni di lavoratori indipendenti che non risultano come imprese, gli enti locali, gli enti pubblici, i tribunali e le procure con relative sedi distaccate, associazioni, stazioni ferroviarie, banche, ecc., presumibilmente quasi tutti dotati di un computer o monitor, di un cellulare con video display o di altri apparecchi multimediali. Il numero di canoni speciali e' quindi considerevolmente piu' alto di quello dovuto dalle sole imprese.
- il canone speciale ha validita' limitata all’indirizzo per cui e' stipulato. Se una impresa o altro soggetto ha piu' di una sede o ufficio, dovra' pagare piu' canoni. Ad esempio, le Poste Italiane hanno ben 14.000 uffici sul territorio nazionale, e quindi dovrebbero pagare altrettanti canoni.
- il canone speciale varia da 185,29 a 6.199,50 euro l'anno a seconda del tipo di impresa e della locazione degli apparecchi (ad esempio, se posti in uffici privati o in luoghi accessibili al pubblico).

petizione per abolire il canone/tassa: http://www.aduc.it/dyn/rai

ATTENZIONE Assicurazioni auto,in arrivo nuove garanzie

Sta per uscire sulla Gazzetta un decreto che recepisce una direttiva Ue. Pedoni e ciclisti più tutelati, aumento dei massimali obbligatori, attestato di rischio su richiesta(25 ottobre 2007)

Rimborso più veloce e con somme più elevate per i pedoni e i ciclisti che subiscono incidenti che ora potranno essere rimborsati direttamente dall'assicurazione dell'auto. Più trasparenza per gli assicurati che potranno avere più informazioni dalle società e anche chiedere il qualunque momento l'attestato di rischio. Queste le novità che diverranno operative non apepna sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto che recepisce le nuove disposizioni europee in materia di Rca, approvato il 23 ottobre dal Consiglio dei ministri.Pedoni più tutelati - Con il provvedimento diventa più semplice avere il risarcimento dei danni quando ad essere coinvolti sono pedoni e ciclisti. Da ora in poi, infatti, l'assicurazione dovrà coprire anche i danni alle persone e alle cose subiti da tutti gli utenti "non motorizzati" coinvolti in un incidente con un veicolo. In questo caso spetta il rimborso diretto dall'assicurazione sia per i danni alle persone che per quelli alle cose. In caso di incidente obbligatorio comunicare i dati del veicolo - Chiunque subisca un danno oper un incidente stradale, inoltre, avrà il diritto di conoscere la copertura assicurativa del veicolo che ha causato l'incidente, la polizza e la data di scadenza, rivolgendosi all'Isvap. Attestato di rischio liberalizzato - Gli assicurati avranno il diritto di richiedere in qualunque momento l'atetstato di rischio. La società dovrà consegnarlo entro 15 giorni. In arrivo nuovi massimali - Cinque milioni di euro per le persone e un milione di euro per le cose. A questi nuovi massimali dovranno adeguarsi tutte le società di assicurazione di qui ai prossimi cinque anni.

IN SILENZIO OGGI SCATTANO NUOVI AUMENTI FERROVIE "adusbef"

COMUNICATO ADUSBEF
FERROVIE: DA OGGI SCATTANO NUOVI AUMENTI MASCHERATII CONSUMATORI: E’ UNA VERGOGNA. PENDOLARI SEMPRE PIU’ TARTASSATI Brutta sorpresa per i pendolari italiani. Da oggi (per gli abbonamenti) e dal prossimo 1 novembre (per i biglietti) scattano infatti nuovi e silenziosi aumenti delle tariffe.“Su tutti i treni del trasporto regionale saranno applicate le tariffe stabilite per legge da ciascuna Regione, anche quando il viaggio inizia in una regione e termina in un’altra. Il prezzo del biglietto, per questi percorsi, sarà calcolato in proporzione alle tratte di competenza”, si legge nel sito di Trenitalia.Tradotto in soldoni – affermano ADOC, ADUSBEF, CODACONS e FEDERCONSUMATORI – ciò significa un aumento tariffario di circa il 10%, che graverà sui pendolari che tutte le mattine si spostano in treno per raggiungere le scuole o il posto di lavoro.Si tratta di aumenti silenziosi e vergognosi – proseguono le 4 associazioni – che gravano su una categoria, quella dei pendolari, alle prese quotidianamente con un servizio pessimo, caratterizzato da treni perennemente in ritardo, sporchi, sovraffollati, spesso soggetti a guasti e soppressioni improvvise. Con lo sciopero del 13 settembre scorso le 4 associazioni avevano richiesto un intervento del Governo per fermare i rincari già annunciati. Ma ad oggi non si è ricevuta risposta, solo un assordante silenzio, che ha permesso alle Ferrovie di applicare aumenti assolutamente ingiusti. Contro tale politica degli aumenti gli utenti non resteranno a guardare, e si preannunciano clamorose iniziative di protesta da mettere in campo su tutto il territorio, per dire basta a tariffe in costante crescita a fronte di un servizio sempre peggiore.

domenica 21 ottobre 2007

Identificato

Roma: identificato il «tintore»

Individuato e indagato a piede libero, C. G., 54 anni, l'uomo che ha gettato il colorante nella fontana di Trevi


ROMA - È stato identificato il responsabile dell'atto di vandalismo contro Fontana di Trevi, che venerdì scorso con il volto parzialmente coperto da occhiali scuri ed un berretto tipo baseball con visiera, ha gettato del liquido rosso nella vasca provocando la colorazione vermiglia delle acque.
Come spiega la questura di Roma in una nota, dall'esame dei fotogrammi e video girati quel pomeriggio è emersa una significativa rassomiglianza tra l'autore del gesto e C. G. di anni 54, soggetto noto per aver aderito a molte iniziative indette da formazioni dell'estrema destra.

DEFERITO - Nella tarda serata di sabato l'uomo è stato deferito all'Autorità Giudiziaria ed il Sostituto Procuratore De Falco, titolare delle indagini, ha disposto a suo carico una perquisizione domiciliare, ipotizzando i reati di danneggiamento su edifici pubblici o su cose di interesse storico o artistico e di deturpamento e imbrattamenti. C. G. è stato rintracciato questa notte dalla Digos presso la sua abitazione. È stato indagato, ma resta libero. Sono in corso ulteriori indagini per verificare l'eventuale coinvolgimento di altre persone.

LA QUESTURA - Il gesto, ricorda una nota della questura, è stato rivendicato con un volantino in ciclostile, a firma «Azione Futurista» il cui contenuto è stato immediatamente ritenuto dalla Digos come riconducibile ad ambienti della destra extraparlamentare. Nel volantino, tale gruppo viene esaltato come avanguardia destinata a creare un nuovo modello di societá contro quella attuale, definita grigioborghese e mercatocentrica e sono espresse critiche contro il Sindaco di Roma, Walter Veltroni, a proposito della «Festa del Cinema» appena inaugurata. Tutti i filmati raccolti sono stati attentamente visionati da personale della Digos. Parimenti, sono state acquisite fotografie, in parte pubblicate dal sito del «Corriere della Sera», che ritraggono il vandalo nell'atto di gettare all'interno della fontana la tinta rossa.


sabato 20 ottobre 2007

La "Cosa rossa" in piazza: "Siamo 1 milione"

"Siamo 1 milione". Grande soddisfazione degli organizzatori per la partecipazione alla manifestazione di Roma, ma è quasi impossibile stabilire quanti siano effettivamente i partecipanti di "Siamo tutti un programma". Il corteo è organizzato dalla Sinistra radicale contro la precarietà. "Il Governo si salva solo se ascolta questo popolo, non contrattando con Dini un voto in più", ha detto ancora il senatore del Prc Giovanni Russo Spena. A sfilare è il popolo dei precari, quelli scontenti dei "tiepidi cambiamenti" introdotti dal protocollo sul welfare, sulla previdenza ma soprattutto sul precariato.
Ora, dicono in coro Franco Giordano (segretario di Rifondazione) e il leader storico Pietro Ingrao (accolto da un'ovazione), "se il premier ascolterà questo popolo sarà più forte". Quando la piazza è ormai piena, arriva anche la "benedizione" di Fausto Bertinotti: il presidente della Camera, che segue la giornata attraverso radio e tv, esprime "grande soddisfazione".
Sventolano anche bandiere della Cgil - Sventolano persino quelle bandiere della Cgil che erano state bandite, nei giorni scorsi, con una circolare della confederazione. Ma guai a dire che sia una manifestazione contro il governo avverte il presidente dei deputati di Rifondazione, Gennaro Migliore: "Mi sembrano superate le previsioni della vigilia di chi diceva che questa era una piazza contro il Governo. Invece è una piazza per dare finalmente voce alla sinistra".
Fiom: siamo contro il governo Prodi - Eppure, Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom ed esponente della Rete 28 aprile (minoranza Cgil) non va troppo per il sottile e afferma: "Siamo in piazza contro il governo Prodi. Io almeno, ma anche tutti quelli che ho avuto modo di incontrare". Insomma, contro l'accordo sul welfare ma non solo. E così anche tra chi sfila in piazza non mancano gli arrabbiati: una precaria sfoggia un cartello con la scritta 'Voglio che torni Berlusconi, così il popolo di sinistra ricomincia a pensare...'.
Cartelli e striscioni - Tra i manifestanti presenti in piazza c'é anche chi porta dei cartelli di solito usati per vendere le case con su scritto "Vendesi Cgil". E tra giovani in marcia qualcuno grida: "La compro io, la compro io!". Ma c'è anche chi ironizza sul ruolo del governo di centrosinistra. "Spero torni presto Berlusconi, così il centrosinistra tornerà a pensare", recita un cartello che campeggia tra i gruppi di giovani.
da tiscali notizie

Nessuno chiude il sito clone ed il phisher ci riprova contro eBay Italia

Nessuno chiude il sito clone ed il phisher ci riprova contro eBay Italia


Incredibile ma purtroppo è vero. Il medesimo sito clone ospitato in un server statunitense e già utilizzato lo scorso 28 gennaio in precedente caso di phishing, ritorna alla ribalta visto che nessuno, neanche la stessa eBay, si è preoccupata di chiuderlo, spingendo così a il truffatore riutilizzarlo per un tentativo di frode ai danni degli clienti italiani del noto sito d’aste on-line.

A gettare acqua sul fuoco tuttavia ci pensa ormai la solita sgrammaticata ed improponibile finta comunicazione proveniente da eBay, la quale informa la potenziale vittima che l’oggetto (??) è già stato pagato, insieme ai sistemi anti-phishing in grado ormai di riconoscere senza problemi la natura truffaldina del sito nel quale l’utente è trasportato cliccando sul link presente nell’e-mail ricevuta.

Sperando di non dover più raccontare fatti di questo tipo, chiudere in tempi brevi un sito clone è fondamentale per limitare i danni ed evitare che ulteriori utenti forniscano nella trappola del phisher, il consiglio ancora una volta è quello di tenere sempre gli occhi aperti e non abbassare mai la guardia.

L’e-mail truffa:

Il sito clone:


Ulteriori informazioni: Truffatori ancora all'attacco di eBay Italia. Nuovo caso di phishing

Fonte: Anti-Phishing Italia – www.anti-phishing.it

venerdì 19 ottobre 2007

ASSICURAZIONI"in barba al decreto bersani nuovi rincari"

Comunicato StampaRC AUTO: ANCORA AUMENTI A DANNO DEI CITTADINI, ANZICHE’ DIMINUZIONI LEGATE AD UNA MINORE INCIDENTALITA’ E AD UN MINORE CONTENZIOSO DOVUTO ALL’INDENNIZZO DIRETTO.SI INTERVENGA PESANTEMENTE CONTRO QUESTI ATTEGGIAMENTI ARROGANTI.Calano gli incidenti, diminuiscono le vittime su tutta la rete viaria, autostradale ed ordinaria, ma a queste positive notizie non se ne accompagna un’altra, altrettanto positiva, quale quella di una riduzione delle tariffe RC auto. Ciò, per Elio Lannutti, Presidente di Adusbef e Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori, è questione che va affrontata e risolta.Infatti, dall’elaborazione statistica dell’Associazione Amici Sostenitori della Polizia Stradale, in termini generali, dopo la consistente diminuzione degli incidenti negli anni passati, con percentuali dal -14% al -18%, anche quest’anno si registra una diminuzione complessiva del 4,6%, con un forte calo dei morti del 31,8%.Da tutto ciò si evince che i provvedimenti Bersani hanno inciso positivamente solo sulla parte relativa al miglioramento del servizio, con l’introduzione dell’indennizzo diretto, mentre, sul versante delle tariffe, continuiamo a registrare le mancate diminuzioni, che sarebbero coerenti sia con l’andamento dell’incidentalità e sia con la riduzione dei costi notevoli del contenzioso (legale, peritale), superati appunto dalla modalità di indennizzo diretto. Non solo non si sono verificate tali diminuzioni, ma anche per quest’anno registriamo un aumento del 4,1%, che porta la tariffa media nazionale da 867€ a 902€.Vogliamo ricordare che dal 1996 le tariffe sono aumentate del 135%, passando da 381€ annui a 902€ annui. Se vogliamo analizzare i dati dal 2000 in poi, l’escursione tariffaria è stata del 50%, passando da 602€ a 902€ annui.Inoltre crediamo sia giunta l’ora di modificare le maggiorazioni, attualmente espresse in percentuali sulla tariffa che il cliente paga, per il Fondo Vittime della Strada, del 2,5% e per il Servizio Sanitario Nazionale, pari al 10%. Poiché, mantenendo tali percentuali, si paga di più per questi due fondi anche quando diminuisce l’incidentalità, sottolineando una contraddizione in termini. Nel caso di un aumento medio come registrato quest’anno di 35€ si ha un aumento ulteriore del 12,5%, di 4,4€ in più.Sorge spontanea a questo punto una domanda: perché chi ha le responsabilità istituzionali, quali il Governo, l’Isvap e l’Antitrust, non interviene con severità?
da adusbef


" aggiungo io ,le assicurazioni dopo la norma del decreto bersani dove anche un neo patentato oppure un familiare nello stesso stato di famiglia poteva ottenere la classe di merito piu bassa
presene all interno della sua famiglia esempio un figlio quella del genitore ,oppure il marito quella della moglie se e piu bassa o viceversa l'importante che risultino nello stesso stato di famigla indipendente dalla compagnia di assicurazione. hanno pesato bene di rincarare la polize per tutelarsi come se non fossero gia tutelati.

giovedì 18 ottobre 2007

ISTAT: PREZZI DELLA FILIERA ALIMENTARE IN FORTE TENSIONE??? LO STIAMO AFFERMANDO DA AGOSTO

Anche l’Istat si accorge finalmente di quanto noi denunciamo da tempo.
A sorprendere semmai sono i ritardi endemici con cui si arriva a verificare questi aumenti.
Sarebbe opportuno che ci si attrezzasse in maniera più precisa e puntuale, per essere in grado di registrare tempestivamente i primi segnali di tensione che si possono verificare soprattutto sui beni di largo consumo e di prima necessità.
Ma, al di là degli strumenti di rilevazione, è urgente che si concluda positivamente il tavolo di confronto aperto con il Governo attraverso i due Ministeri delle Politiche Agricole e dello Sviluppo Economico, poiché le ricadute di tali aumenti per ogni famiglia potrebbero essere, se non bloccati, di circa 400€ in più all’anno. Su tale tavolo si deve arrivare presto ad un protocollo che determini:

sistemi istituzionali di verifica, controllo e sanzione per i prezzi lungo l’intera filiera agroalimentare, ali fine di colpire ed estirpare abusi speculativi;
strumenti di informazione diretta, tempestiva e gratuita, ad esempio attraverso sms via telefonino come già sperimentato, rivolta ai cittadini sui prezzi dell’intera filiera;
realizzazione della filiera corta o vendita diretta attraverso spazi l’utilizzo di autonomi in tutti i centri cittadini, al fine di far risparmiare e contemporaneamente calmierare i prezzi dei generi di prima necessità;
interventi funzionali a ridurre i prezzi, di almeno il 5%, soprattutto quelli relativi al paniere fondamentale per l’alimentazione delle famiglie.

Inoltre dovrà essere messa in campo una iniziativa strutturale, che dovrà pervenire in tempi rapidi sia ad una razionalizzazione che ad una resa più efficiente dell’intera filiera agroalimentare, e sia alla definizione di accordi interprofessionali, per rendere ricavi economici più equi all’interno della filiera stessa ed a vantaggio dei produttori diretti e dei consumatori.

Telemulte ai semafori rossi: 6 sentenze danno ragione all'Adoc e le multe vengono annullate

A Gorizia oltre 600 sono i ricorsi presentati dall'Adoc contro le multe ingiuste. Già 6 le sentenze favorevoli. L'Adoc prepara una clamorosa conferenza stampa per i prossimi giorni. Chi è interessato al ricorso può scrivere all'e-mail info@adoc.org
Dal 30 giugno in poi il Codice della Strada prevede anche l’utilizzo degli apparecchi elettronici, senza l’ausilio di un agente di polizia, per le contravvenzioni agli automobilisti che passano con il rosso. Fino a poco tempo fa i comuni utilizzavano apparecchiature autorizzate dal Ministero delle Infrastrutture in base a decreti di omologazione che prevedevano comunque la presenza di un agente di polizia. Ma agli incroci gli agenti non c’erano e per le associazioni dei consumatori anche le multe elevate negli ultimi mesi sono illegittime. Solo adesso, a sette mesi dalle novità introdotte dal Codice della Strada, il Ministero delle Infrastrutture ha rivisto le autorizzazioni ai sette apparecchi elettronici utilizzati in Italia e pochi giorni fa ha varato i nuovi decreti di omologazione. Le sorprese non mancano. Solo due apparecchi rispondono ai criteri necessari di affidabilità, due non possono più essere utilizzati in alcun modo, uno può funzionare solo alla presenza costante di un agente, mentre due, i più diffusi, devono rispondere a condizioni di installazione e funzionamento che allo stato attuale non sembrano essere rispettate dai comuni.

martedì 16 ottobre 2007

Droghe, il ministro Ferrero boccia il proibizionismo,"forse giusto ho no ,credo prima bignorebbe farci delle domande"

Droghe, piccoli antiproibizionisti crescono

In Israele e Galles maggiore tolleranza verso i piccoli spacciatori. Ferrero: "rapida modifica della legge Fini-Giovanardi"

16/10/2007

Israele, Galles, Italia. Un unico comune denominatore: un cambiamento di atteggiamento nei confronti delle droghe.

Partiamo da Israele. Ha destato molte polemiche l'ordine impartito dal capo della polizia Dudy Cohen agli agenti di dedicare le loro energie ad una lotta senza quartiere contro i grandi importatori e trafficanti di droga più che ai piccoli spacciatori per utilizzare in modo più incisivo le limitate risorse a loro disposizione.
I piccoli consumatori di stupefacenti richiedono infatti una mole di lavoro notevole, che spesso non si concretizza nemmeno in atti di accusa nei loro confronti. Nel solo 2006 la polizia ha aperto oltre 16 mila pratiche, la più banale delle quali ha impegnato un agente per un’intera giornata.
Per Boaz Wechtel, leader della lista politica “Foglia verde” che sostiene la legalizzazione dell'uso della cannabis, "la caccia della polizia ai consumatori di cannabis costa ogni anno 300 milioni di shekel". Un valore pari a oltre 50 milioni di euro.

A far discutere è stato anche il programma di Richard Brunstrom, capo della polizia del Galles del Nord, che ha proposto, nientemeno, che la legalizzazione di tutte le droghe. In un libretto di 30 pagine, Brunstrom sostiene che "l'attuale approccio proibizionista dovrà essere spazzato via perchè inattuabile e immorale", ricordando che alcol e tabacco nel 2004 rispettivamente hanno causato 2.052 e 13.000 morti nella sola Scozia, rispetto ai 356 decessi riconducibili all'uso di droghe.

Arriviamo quindi in Italia.
Il ministro per la Solidarietà Sociale Paolo Ferrero ha dichiarato che "la proposta del Capo della polizia del Galles di liberalizzare tutte le droghe e di classificarle in base ai danni che possono provocare si aggiunge a quella recentemente espressa dal Capo della polizia israeliana. È importante ascoltare questi segnali che giungono dalle forze dell'ordine a livello internazionale e che decretano l'inconsistenza delle politiche antiproibizioniste. Le politiche portate avanti dalla destra – ha sottolineato - ci hanno fatto imboccare una strada che non risolve il problema, fa aumentare i consumi e crescere le carcerazioni dei singoli consumatori". La conclusione?
“Anche nel nostro Paese – ha dichiarato il ministro - è necessario ascoltare chi opera sul campo e si rende conto della infondatezza delle politiche fin qui attuate. Quando si parla di sicurezza si dovrebbe pensare ad una rapida modifica della legge Fini-Giovanardi".



"Non voglio dire se sono favorevole ho no, ma siamo al paradosso , un momento come questo in Italia se bevi un bicchiere e mezzo di birra ti danno subito dell'ubriaco , ti fermano e vai in galera dire di liberalizzare le droghe ,senza porre vincoli e paletti mi sembra sbagliato,e come dire mi faccio 2 canne una tirata di coca ,magari 2 pasticche e vado ha fare un a bella tirata magari un viale lungho mare ,tanto non mi fanno niente"

BANKITALIA: RALLENTANO I CONSUMI ...........

BANKITALIA: RALLENTANO I CONSUMI E L’INDEBITAMENTO DELLE FAMIGLIE

COME EFFETTO DELLA CRISI DEI MUTUI SUB PRIME E DEGLI AUMENTI DEI TASSI !

MA NON ERA STATA LA STESSA BANKITALIA,COADIUVATA DALLE AUTORITA’ MONETARIE, AD AVER NEGATO CHE I SUB-PRIME AVESSERO AVUTO RICADUTE ?

L’AUMENTO DEL RICORSO AL CREDITO AL CONSUMO, DIMOSTRA I GRAVI DISAGI SOCIALI DELLE FAMIGLIE,COSTRETTE AD UNA VITA A RATE PER SOPRAVVIVERE.



Il rallentamento dei consumi delle famiglie e del relativo indebitamento, con i mutui per l'acquisto di abitazioni scesi del 9,5% sui dodici mesi precedenti,con il ricorso al credito al consumo, calato del 9,9%, è l’effetto moltiplicatore della crisi dei mutui sub-prime americani, che hanno prodotto aumenti dei tassi,specie in Italia che già sconta il più alto costo del denaro dell’UE (tassi medi sui mutui pari al 5,96% a luglio contro il 4,90% dell’UE), a prescindere dalle decisioni BCE, che nella seduta del 6 settembre ha mantenuto inalterato al 4 per cento il tasso di riferimento.

La forte contrazione delle famiglie al ricorso all’indebitamento ha radici lontane,quando nel 2002, con il pretesto dell’euro,gli omessi controlli e la mancanza dei cartellini dei doppi prezzi lira-euro, è stata concretizzata una gravissima speculazione ai danni delle famiglie a reddito fisso da parte di coloro che hanno avuto la possibilità di determinare prezzi e tariffe,in molti casi letteralmente raddoppiati con una manovra speculativa superiore a 70 miliardi di euro.

I segnali di rallentamento di debiti e consumi con famiglie che tengono un atteggiamento nel complesso prudente, il cui debito pur continuando a crescere a ritmi elevati, ha rallentato (del 10,3% nei dodici mesi terminati nel giugno del 2007), anche per effetto del rialzo dei tassi a breve termine in atto dall'inizio del 2006, dipende dall’erosione dei redditi del ceto medio e da una forte pressione fiscale,che drena risorse a favore del fisco,ma anche dalla crisi dei mutui sub-prime americani,i cui effetti – nonostante siano stati negati anche da Bankitalia- si fanno sentire negativamente, con u na capacità di spesa frenata dal pessimismo.

Bankitalia inoltre, continua a gettare acqua sul fuoco affermando che l’esposizione delle banche italiane al rischio sub-prime "appare limitata",con un valore degli investimenti che includono titoli collegati a tali mutui pari a circa 1,3 miliardi di euro e linee di credito concesse alle cosiddette società veicolo attive nel comparto che rappresentano complessivamente 1,6 miliardi di euro, limitandosi in questa analisi a fidarsi delle segnalazioni delle banche piuttosto che in un attento monitoraggio della Centrale Rischi,che avrebbe il compito di verificare la veridicità di tali affermazioni, perché specie i prodotti derivati sfuggono a qualsiasi monitoraggio.

Se nell’ultima parte del 2007 (quarto trimestre) ci sarà la conferma che la domanda di mutui da parte delle famiglie sarà minore, anche per effetto degli aumenti sui tassi che costeranno circa 180 euro in più dal 1 ottobre 2007 su ogni nuovo mutuo di 100.000 euro rispetto al trimestre precedente, proprio a causa della turbolenza dei sub-prime che hanno portato a maggiorare i costi di nella raccolta sui mercati obbligazionari 0,15-0,20 %,con le banche che ci fanno usualmente la cresta raddoppiandoli al tasso dello 0,30 0,40%, con una crescita ad un ritmo sostenuto del credito al consumo, ciò può avvalorare l’ipotesi della crisi delle famiglie,che possono rinunciare a comperare la casa,ma non possono rinunciare alle spese quotidiane ed a far fronte all’aumento dei prezzi,con il ricorso all’indebitamento e ad una vita sempre più “a rate”.

Elio Lannutti (Adusbef)

Roma,16.10.2007
"


"strano le banke si lamentano che rallentano i consumi ma,mi chiedo non li hanno alzati per frenare L'inflazione generata dall'aumento dei consumi .

Le associazioni dei pazienti: comunicato sulla sentenza di Cagliari e lettera al Ministro della Salute

1 ottobre 2007
Fonte: Vita.it

Fecondazione, bebè più cari grazie alla legge 40

Bebè in provetta più cari, in Italia, grazie alla legge 40. A discutere sull'impatto della legge sulle finanze degli italiani sono stati gli esperti riuniti in questi giorni al Meeting internazionale di Scienza della riproduzione umana, organizzato a Mykonos dal Polo scientifico di Rimini dell'università di Bologna in cooperazione la Yale University. Dati alla mano, oggi per un bambino nato da procreazione medicalmente assistita si spendono circa 18.400 euro in cicli con trasferimento a fresco - ossia senza il congelamenti di ovociti o embrioni - e 51.400 euro con congelamenti degli ovociti. Rispettivamente il 15% e ben il 70% in più del 2003, l'anno prima dell'entrata in vigore della legge 40. Non vanno di pari passo ai costi le gravidanze. ''L'avvento della legge 40 - sottolinea in una nota Carlo Bulletti, direttore dell'Unità di Fisiopatologia della riproduzione Asl di Rimini e Università di Bologna, organizzatore del convegno - ha comportato un passaggio dei risultati dal 23,8% su cicli a fresco e 14,5% su cicli con congelamento di embrioni al 18,8% su cicli a fresco e 9,5% su cicli con scongelamento di ovociti e loro fecondazione''.

Da Mykonos quindi è partito un appello per stabilire il numero di procedure assistibili dal Ssn, oltre le quali il costo spetti alle coppie stesse. Non solo: gli esperti chiedono che le attività di Pma siano 'peer-reviewed', cioè valutate dalla stessa comunità scientifica. ''Abbiamo visto - prosegue Bulletti - che se 100 trattamenti costano 300.000 euro e un centro ottiene il 20% di bimbi, il costo per ciascun bambino per il Ssn sarebbe di 15.000 euro, ma se il centro ottiene solo il 10% il costo per ciascun bimbo sarà di 30.000 euro. E' arrivato il momento di chiedersi se sia socialmente utile lasciare centri che non assicurino un risultato minimo, a garanzia di un buon impiego delle risorse. Solo una peer-review darà queste risposte e metterà fine alla querelle di centri di eccellenza in cui però l'eccellenza è autoreferenziata''.

5 ottobre 2007
Fonte: Red.

Le associazioni dei pazienti scrivono al Ministro della Salute

Chiediamo di trattare la sterilità come una malattia. Ecco le richieste per la revisione delle linee guida sulla legge 40 del 2004.

Abbiamo inviato le nostre osservazioni per l'aggiornamento delle linee guida sulla legge 40 del 2004 al Ministro della Salute e a tutti gli organi competenti comprese le Commissioni affari sociali e sanità del Parlamento. Chiediamo che:

- l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita debba essere garantito per tutti coloro che non possono procreare nella tutela della salute del partner e del nascituro (portatori di patogie genetiche, virali e sessualmente trasmissibili), poiché la loro è una situazione di sterilità determinata da malattie che nel rispetto del diritto alla salute non consente la procreazione senza l'aiuto della medicina;

- la sterilità e infertilità siano definitivamente riconosciute come malattia;
- i farmaci per la sterilità siano prescritti senza vincolo di protocollo italiano ma su certificazione di sterilità;

- gli embrioni anomali, oggi destinati per le linee guida a distruzione, possano essere destinati alla ricerca scientifica su espressa richiesta della coppia.

Queste le questioni affrontate nel nostro documento, che riteniamo urgenti insieme alle osservazioni già formulate dalle società scientifiche che condividiamo tutte, per un aggiornamento delle linee guida in modo corretto nel rispetto della legge 40/04 e delle leggi dello Stato Italiano.

Salerno, Roma, Bologna, Cagliari - 5 ottobre 2007

Filomena Gallo, Presidente Associazione Amica Cicogna onlus
Federica Casadei, Presidente Associazione Cerco Un Bimbo
Patrizia Battistini, Presidente Un bambino.it
Laura Pisano, Presidente Associazione L'altra Cicogna Onlus
Monica Soldano, Presidente Associazione Madre Provetta Onlus



"perche chi vuole un bimbo deve andare all estero per averlo"

lunedì 15 ottobre 2007

LO STATUTO DEI LAVORATORI per ricordare cosa ha significato e cosa stiamo perdendo

Statuto dei lavoratori


Lo Statuto dei Lavoratori, emanato con la legge n. 300 del 20 maggio 1970, è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro
Indice
1 Le premesse storiche
2 Le premesse economiche e sociali
3 Il riscaldamento degli autunni
4 Il percorso politico
5 Il contenuto
6 Dopo lo Statuto
7 Testi normativi correlati

Le premesse storiche
L'esigenza di una regolazione precisa ed equitativa dei meccanismi del mondo del lavoro crebbe di importanza nella seconda metà del Novecento quando, dovendosi ripensare la strutturazione dello stato post-fascista, la revisione dei rapporti sociali dovette tener conto dell'accresciuta rilevanza del mondo del lavoro fra i temi importanti nel novello regime di democrazia. Questo in virtù della non funzionalità, per un regime democratico, della struttura corporativistica introdotta sotto la dittatura fascista.
Parallelamente i giuristi discettavano sull'eventuale utilità ed opportunità di rifocalizzare il contratto di lavoro, analizzando il lavoratore nella sua posizione di soggetto contraente, anziché traguardare la materia riferendosi al mero oggetto negoziale (la prestazione d'opera) del rapporto; tecnicamente si parlò di rivalutazione della capacitas, intesa come capacità lavorativa.
Nel dopoguerra, perciò, l'approvazione di una Carta costituzionale contenente proprio al suo primo articolo il riferimento al lavoro come punto fondante dell'ordinamento repubblicano, diede un ulteriormente corroborante valore simbolico alle tensioni politiche che già dalla fine dell'Ottocento propugnavano forme di "civilizzazione" del lavoro dipendente e subordinato e che miravano ad equilibrare in senso democratico la relazione fra padronato e lavoratori. Certo non esenti da qualche, almeno marginale, influenza delle teorie marxiste, queste tensioni vivevano comunque di autonomo sviluppo, coinvolgendo prevalentemente partiti e movimenti di sinistra che si posero a baluardo dei ceti interessati, mentre altre formazioni di impronta conservatrice sostennero politicamente le istanze delle classi padronali.
Il cammino verso una normativa coerente col nuovo dettato costituzionale era partito molto tempo prima ed era avanzato solo per piccoli passi. Le conquiste ottenute sino a quel momento riguardavano infatti piccole, ma per i tempi significative, limitazioni opposte avverso una certa "disinvoltura" nella gestione dei lavoratori: la fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche e l'obbligo di forme assicurative (1920), il condizionamento del rilascio delle licenze amministrative all'assolvimento dell'obbligo di scolarità dei figli (TULPS - tale obbligo limitava la possibilità pratica di induzione al lavoro di minori e la norma ne incrementò l'efficacia), il divieto di mediazione di lavoro (caporalato - previsione del codice civile), insieme ad altre norme oggi forse non ben riconoscibili nell'importanza che ebbero al tempo in cui furono emanate.
La Costituzione contribuì in maniera essenziale alla strutturazione delle basi del nostro Diritto del lavoro, introducendo principi che, successivamente, lo Statuto del lavoratori avrebbe fatto propri. Principi come quelli dell'art. 1 e dell'art. 4 che, oltre a decretare il lavoro come base stabile del nostro ordinamento repubblicano, ne sanciscono anche il diritto in capo ad ogni cittadino.
La nascente democrazia "fondata sul lavoro" avrebbe, però, dovuto fare i conti con le molte residue arretratezze ancora presenti nel nostro ordinamento. Non tardò perciò Giuseppe Di Vittorio (il più autorevole esponente della CGIL, presidente della FSM, la Federazione Sindacale Mondiale) a pronunciarsi apertamente (1952) per l'opportunità della definizione di una legge quadro che riformulasse l'intera materia, e lo fece parlandone proprio in termini di statuto.

Le premesse economiche e sociali
Gli anni '50 e '60 del Novecento furono, del resto, caratterizzati da un importantissimo fenomeno, sinteticamente identificabile con la trasformazione del lavoro (e della produzione) rurale in industriale, fatto che provocò intensi flussi di migrazione interna e modificò le proporzioni numeriche fra addetti all'agricoltura (agricoltori) ed addetti alla produzione industriale (operai) in senso preponderante a favore di quest'ultima.
La crisi del lavoro della terra (che aveva fra le sue concause la crescita dei costi di produzione e l'introduzione delle macchine) contribuì a rendere disponibili, con la crescente disoccupazione del bracciantato, forze-lavoro in quantità senza precedenti e di queste si servirono le nascenti industrie per rastrellare manodopera a condizioni di oggettivo favore.
Se sino ad allora la condizione del lavoratore dipendente più tipicamente assomigliava alle descrizioni siloneggianti dei mille e mille piccoli borghi di contado che costellavano la nazione, nelle due decadi successive a quella della guerra, la figura del lavorante meglio si inquadrò nelle due direzioni dell'impiegato di concetto (la burocratizzazione di Stato e "para-stato" accolse una grande quantità di addetti) e del lavoratore operaio che andò a riempire le strutture, costantemente in crescita, di grandi, piccole e medie aziende industriali, molte delle quali ubicate nel Settentrione d'Italia. Oltre all'industria, una quota rilevante di occupazione fu offerta anche dall'edilizia, soprattutto nei grandi centri urbani. A tutela di quest'ultimo settore venne, nel 1960, la norma (legge 23 ottobre 1960, n. 1369) che vietava l'appalto di manodopera, pratica che aggirava il divieto di caporalato istituzionalizzandolo ad attività aziendale (sebbene la limitazione dell'applicabilità del divieto, escludendola per alcuni settori proprio dell'edilizia, sia stata molto contestata).
Prima ancora che lo spostamento delle masse di lavoratori dal Meridione alle regioni in via di industrializzazione potesse valere come premessa per l'esplosione del cosiddetto "boom" economico, la situazione vedeva dunque un'oggettiva sperequazione che, più che in danno dei lavoratori, pareva manifestarsi in favore dei datori di lavoro, ai quali era consentito gestire con agilità i rapporti con il rispettivo personale, selezionandolo per l'assunzione e gestendolo in seguito con diretto ed incontestabile riferimento agli assolutamente discrezionali indirizzi aziendali, i quali ben potevano comprendere fattori anche personalistici. Si è detto che tale "agilità" possa aver giocato un suo ruolo socialmente utile nello sviluppo economico del periodo ma, dall'altro lato, esistono scuole di pensiero che contrastano con tale visione dello sviluppo economico di quegli anni.
In questo contesto i rapporti di lavoro furono giudicati iniqui da un numero crescente di analisti, non solo della sinistra, e la stessa contraddittorietà delle pronunce giurisprudenziali, che nel frattempo si trovavano a gestire figure nuove, non di rado di malagevole compatibilità costituzionale o di ardua interpretazione pratica, segnalò l'indifferibilità di una soluzione legislativa che facesse luce sui reali intendimenti ordinamentali, perché la crescita del contenzioso, che ogni volta e per ogni caso evocava situazioni di grave drammaticità specifica, si nutriva anche di radicati contrasti fra princìpi.

Il riscaldamento degli autunni
Le lotte sindacali, nel frattempo, iniziavano a catturare l'attenzione generale. Le rappresentanze sindacali erano fortemente politicizzate, poiché ciascuna di esse aveva un suo partito di pressoché diretto riferimento: a livello nazionale si distinsero, in particolare, la CGIL, la CISL la UIL (tecnicamente ormai divenute delle confederazioni), le quali sempre più spesso iniziarono ad operare in sintonia tra loro, sino ad essere collettivamente definite come "triplice alleanza" o, tout-court, "la Triplice".
Furono le tre confederazioni a gestire con crescente presenza il progressivo deterioramento dei rapporti fra lavoratori e datori di lavoro, derivante da una condotta più dura delle imprese e dalle rivendicazioni forti dei lavoratori, che avrebbe poi condotto, negli anni '70, all'apice della lotta e purtroppo, in alcuni casi, della violenza.
La lotta sindacale fu asperrima, almeno tanto quanto lo furono le reazioni della classe imprenditoriale, e le esasperate estremizzazioni politiche condussero a numerosi episodi conflittuali o violenti, contrapponendosi sempre più frequenti occupazioni di fabbriche (talune fra le più note) a sempre più duri scontri di piazza con le forze dell'ordine (si ricordano purtroppo numerose aggressioni personali). Si espresse, questa lotta, in una contrapposizione costante che per taluni interpreti divenne antagonismo oltranzista ai rappresentanti della proprietà delle aziende che impiegavano forza-lavoro. Produsse campagne collettive per il riconoscimento del salario unico, per il rispetto dei contratti e per arginare la facoltà di licenziamento, divenuta frequente sia per i ripiegamenti produttivi dovuto a cali di mercato, sia per i non infrequenti fallimenti delle aziende.
La classe imprenditoriale invece, quasi fisiologicamente, ribatteva che alla forza lavoro non poteva essere concesso di prendere parte alle decisioni in materia di politiche e strategie aziendali, considerando qualsiasi proposta in materia di gestione del personale (comprese le fasi di assunzione e licenziamento) che non fosse unicamente determinata dagli organi direttivi aziendali, come un ingerenza non giustificata da alcuna ragione sociale. Le ventilate formule di "democratizzazione", per le quali - si sintetizzava - comitati di operai avrebbero potuto censurare le decisioni economiche e produttive, parvero agli industriali strumentali manovre per il rafforzamento di un già cospicuo potere dei sindacati di condizionare, da un lato, le attività economico-imprenditoriali e, dall'altro, quelle del governo. Lo slogan "partecipare alla elaborazione dei programmi produttivi" fu considerato e stigmatizzato come un indebito tentativo di sottomettere l'azione imprenditoriale a quella di alcune forze politiche, dalla quale l'attività delle tre confederazioni era scopertamente ispirata, e se ne segnalò la supposta perniciosità nella parte in cui, proprio poco dopo la stabilizzazione di un vero e proprio mercato internazionale, avrebbe posto pesanti limitazioni alla capacità produttiva (a tutto vantaggio di competitori stranieri) con effetti negativi sulle esportazioni.
Il sospetto che le azioni sindacali non siano state sempre e solo disinteressate azioni di tutela della classe lavoratrice, fu avanzato a più riprese da osservatori anche molto diversi fra loro. Furono anche fatte circolare, ad esempio, non documentate "veline" governative, in una delle quali si sospettava che taluni sindacalisti stranieri avessero sollecitato gravi azioni di protesta, tradottesi in cali produttivi, per averne ricevuta remunerata istruzione da parte di industriali statunitensi (questa - in particolare - assai dubbia, poiché riguardava l'industria automobilistica, in un momento ed in un paese nel quale gli americani non vendevano auto). In Italia i sindacati non furono sospettati di azioni di facciata per privato arricchimento, ma che con questa fase sociale siano divenuti un potere non originariamente compreso fra quelli previsti dalla Costituzione, è stato sostenuto da molti.
La nascita dello Statuto, di fatto, ratificò una posizione guadagnata "sul campo" per la quale i sindacati sarebbero stati, di lì in poi, obbligatorio mediatore nei rapporti fra la collettività dei lavoratori ed i loro datori di lavoro.

Il percorso politico
Politicamente, al principio degli anni '60, i diversi tentativi di rafforzare gli esperimenti governativi di centrosinistra si tradussero in un notevole impegno riformista primariamente ad opera del PSI, il principale interessato a quella formula politica.
Già avanzate in senso genericamente programmatico al tempo del primo governo Moro di "centrosinistra organico" (1963), nell'anno in cui si emanarono norme per la tutela delle donne lavoratrici (ad esempio vietando il licenziamento per causa di matrimonio o consentendo l'accesso delle donne ai pubblici uffici e alle professioni), molte delle riforme sulla cui proposizione andava condensandosi l'attenzione socialista furono di fatto "congelate" dopo i fatti del luglio 1964 (Piano Solo) e sarebbero riapparse con vigore qualche anno dopo.
Il percorso che sarebbe sfociato nell'emanazione dello Statuto, in fondo, si lega principalmente ad una paternità socialista a latere della quale si registrarono adesioni minori di altri partiti o di correnti interne ai partiti.
Con ovvi obiettivi di consolidamento del seguito elettorale, e quindi di rafforzamento del proprio peso all'interno delle coalizioni, ma non senza effettiva determinazione a raggiungere una norma definitiva, fu il partito di Nenni a premere perché la regolamentazione si frapponesse come argine al dilagare del disordine di questa materia, e ne fece cavallo di battaglia reputando che potesse essere la via capace di condurlo alla guida del Paese.
Dopo la legge 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle norme in materia di infortuni e malattie professionali), la legge 21 luglio 1965, n. 903 (che introduceva le pensioni di anzianità e istituiva la pensione sociale) e la legge 15 luglio 1966, n. 604 (che regolava la materia dei licenziamenti), tutte promosse dal PSI, vi era ancora da registrare normativamente la posizione guadagnata dai sindacati e la nuova figura di lavoratore che pareva emergere dalle loro elaborazioni; l'interessamento sarebbe stato anche strategicamente utile per "scippare" una tematica fondamentale al Partito Comunista, l'altro grande partito della sinistra con cui il PSI era sovente in disaccordo e talvolta in aperto scontro. Paralellamente, perciò, ad azioni sul fronte della previdenza sociale e su fronti di altra prevedibile rilevanza nazionale, come ad esempio la campagna per il divorzio, i socialisti esercitarono fortissime pressioni perché le azioni normative in materia agraria (1964), peraltro anch'esse oggetto di animate (ed animose) polemiche, venissero corroborate da analoghe azioni sul lavoro in generale.
Di particolare rilievo in questo senso, per quanto oggettivamente poco ricordata, fu l'opera di Giacomo Brodolini, sindacalista socialista che fu ministro del lavoro e della previdenza sociale e che legò il suo nome sia alla riforma del 1969 proprio della previdenza sociale (la cosiddetta "riforma delle pensioni", passate dal sistema "a capitalizzazione" a quello "a ripartizione"), sia all'abolizione delle cosiddette "gabbie salariali", sia all'impulso più determinante per la codificazione della materia del lavoro: Brodolini richiese infatti l'istituzione di una commissione nazionale per la redazione di una bozza di statuto (da lui nominato "Statuto dei diritti dei lavoratori)", alla cui presidenza chiamò Gino Giugni, allora solo un docente universitario seppure già noto, ed un comitato tecnico di notevole spessore.
Il maggior promotore dello Statuto, Brodolini, non lo vide venire alla luce poiché morì poco dopo l'istituzione della Commissione, ed il maggiore merito di indirizzo nei lavori di questa viene generalmente attribuito al Giugni, che avrebbe in seguito dichiarato di essersi sempre fondamentalmente ispirato alle indicazioni di Brodolini.

Il contenuto
Il testo dello Statuto contiene norme relative a numerose previsioni specifiche, su alcune delle quali si sofferma in modo dettagliato. Si divide in un titolo dedicato al rispetto della dignità del lavoratore, in due titoli dedicati alla libertà ed all'attività sindacali, in un titolo sul collocamento ed in uno sulle disposizioni transitorie.
Lo Statuto sancisce, in primo luogo, la libertà di opinione del lavoratore (art.1), che non può quindi essere oggetto di trattamento differenziato in dipendenza da sue opinioni politiche o religiose e che, per un successivo verso, non può essere indagato per queste nemmeno in fase di selezione per l'assunzione. Questi passi trovano una loro spiegazione di migliore evidenza segnalando che, nel dopoguerra, si verificarono numerosi casi di licenziamento di operai che conducevano attività politica o che, anche indirettamente, si rivelavano militanti di forze politiche o sindacali non gradite alle aziende.
L'attività lavorativa, l'apporto operativo del lavoratore, è poi svincolata da alcune forme di controllo che la norma giudica improprie e che portano lo Statuto a formulare specifici divieti quali, ad esempio:
divieto, per il datore di lavoro, di assegnare del personale di vigilanza al controllo dell'attività lavorativa dei lavoratori (secondo l'art.3 tale personale di vigilanza può esercitare esclusivamente la vigilanza sul patrimonio aziendale)
divieto d'uso di impianti audiovisivi (art.4) e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Anche le visite personali di controllo sul lavoratore (si badi bene ci si riferisce all'art. 6 dello statuto e non all'art.5 che riguarda invece gli accertamenti sanitari), ovvero le perquisizioni all'uscita del turno (principalmente effettuate per verificare che il lavoratore non si sia appropriato di beni prodotti o di altro materiale di proprietà dell'azienda), sono sottoposte a limitazioni di dettagliata rigorosità.
Al fine di limitare inoltre impropri eccessi del datore di lavoro, eventualmente risultanti in indebite pressioni, sono vietati accertamenti diretti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, delegando agli enti pubblici competenti tali accertamenti (art.5 visita fiscale).
Di particolare interesse, oltre a tutti gli articoli del primo titolo (artt.1-13, riguardanti anche il regime sanzionatorio, gli studenti lavoratori, ecc.) è il regime applicativo dello statuto. Leggendo l'art.35 dello statuto ci rendiamo conto come gli articoli dal 19 al 27 e, l'ormai famoso, art. 18 (oggetto di tante dispute e lotte), si applichino ad aziende con "...sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti..." (ridotti a cinque per le imprese agricole). Questa buona porzione dello statuto del lavoratori riguarda innanzitutto l'attività sindacale e, per l'art.18, l'annoso problema del reintegro nel posto di lavoro.
La disposizione dell'art.36 e quella dell'art.37 (che limita fortemente l'applicazione dell'intero statuto nel campo dell'impiego pubblico), riducono in maniera considerevole il numero di lavoratori che possono usufruire in maniera completa della protezione offerta dallo statuto.
L'Italia non è, storicamente, stata sede (e la tendenza è confermata anche al giorno d'oggi) di aziende con un elevato numero di dipendenti; la maggior parte delle aziende italiane rientrano, infatti, nel novero delle "piccole e medie imprese)" alle quali buon parte dello statuto non si applica.
Proprio per queste ultime motivazioni si è sentita l'esigenza negli ultimi anni, sia da destra che da sinistra, di un adeguamento del testo della legge o comunque l'esigenza di una tutela differenziata e approfondita di quelle categorie di lavoratori non rientranti nelle casistiche previste dall'attuale previsione dello Statuto dei lavoratori.

Dopo lo Statuto
La rivoluzione giuridica causata dallo Statuto nelle materie del lavoro fece risorgere e sviluppare lo studio di questa particolare branca del diritto (di antica dottrina, solo interrotta dalla parentesi fascista in cui si chiamava diritto corporativo) con approfondimenti ora di vasta portata.
Del resto, la nuova funzione della magistratura del lavoro, ricca di peculiarità e di differenziazioni dalle altre materie, richiedeva con sollecitudine la produzione di idoneo supporto interpretativo, e per un certo tempo dottrina e Fori marciarono di pari passo e con giovevole interazione.
Le magistrature del lavoro, va detto, subirono le non disinteressate attenzioni di alcune parti politiche, che si applicarono perché ad esse fossero destinati magistrati quantomeno non ostili alle inclinazioni di tutela della classe lavoratrice espresse dallo Statuto; si parlò direttamente, nel dibattito politico, di "colonizzazione" (più che di lottizzazione), e fu indicato il PCI come indiretto referente di una buona quota di tali giudici attraverso la corrente para-sindacale di Magistratura Democratica. Comunque fosse, dai dibattiti di categoria sortirono suggerimenti professionali ed indicazioni per la dottrina che proponevano la c.d. "interpretazione evolutiva" del diritto, segnatamente con riferimento all'ambito del diritto del lavoro; tale posizione, che parve al tempo condivisa da una parte rilevante dei magistrati del lavoro, suscitò discussioni di intuibilmente acceso carattere.

Testi normativi correlati
Costituzione
L. 20 maggio 1970, n. 300 - Statuto dei lavoratori
tratto da wikipedia

domenica 14 ottobre 2007

ISTAT: L'ITALIA RESTA POVERA, NULLA E' CAMBIATO NEGLI ULTIMI 4 ANNI, OSSIA DA QUANDO E' ARRIVATO L'EURO

Il rapporto Istat sulla povertà relativa reso noto oggi conferma quanto le associazioni dei consumatori Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori stanno ripetendo da anni. L'Italia è povera e le famiglie italiane non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese. Per l'Istat nulla è cambiato in questi ultimi 4 anni, ossia, come andiamo sostenendo da tempo, la povertà è rimasta sostanzialmente stabile da quando, dopo l'introduzione dell'euro, i prezzi sono raddoppiati. Anche se i prezzi ora restassero fermi, sarebbero sempre il doppio rispetto al dicembre 2001. Il costo della vita è raddoppiato.
I dati Istat dimostrano l'assoluta priorità della denuncia e della battaglia che Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori stanno facendo per contrastare chi, speculando, sta aumentando il prezzo di pane, pasta e latte. Questi beni, infatti, sono i prodotti base per l'alimentazione di questi 7 milioni e 537.000 persone che secondo l'Istat si trovano in condizioni di povertà. Un aumento del loro prezzo rischia di mandare definitivamente sul lastrico queste persone. Persone il cui numero è probabilmente destinato ad aumentare sensibilmente, coinvolgendo anche i ceti medi, in crescente difficoltà.
Per affrontare la povertà, infine, non basta un aumento una tantum ai pensionati al minimo. Fino a che gli italiani avranno le banche, le assicurazioni, la benzina, la luce, il gas, il telefono, i farmaci e gli alimentari più cari d'Europa, la situazione non si risolverà. Ecco perché le associazioni di consumatori chiedono al Governo di far approvare immediatamente la terza lenzuolata Bersani ferma al Senato e di proseguire con le liberalizzazioni in questi settori

IL MUTUO AI PRECARI? UNA TRUFFA!"adusbef"

E' sconvolgente la testimoniamnza di REPUBBLICA TV che ha messo a nudo gli intenti spudoratamente speculatici delle banche che nelle massive campagne pubblicitarie prospettano la possibilità di avere un mutuo (e quindi una casa, una famiglia, dei figli, una vita normale insomma) anche a chi, lavoratore precario, non é in possesso di stipendio sicuro per l'eternità.La telecamera nascosta ha "svelato" che ciò che le banche dicono in pubblicità é l'esatto contrario di quanto avviene in filiale, dove l'operatore ignaro di essere ripreso e registrato non nasconde apertamente che i messaggi che passano in radio e tv sono ingannevoli.E anche chi propone il mutuo sul 100% del costo della casa non dice che in realtà il credito erogato si ferma all'80% dello stesso e il residuo é imputabile ad una polizza assicurativa che paga, ovviamente il cliente

GUARDA E INDIGNATI (SE NE HAI ANCORA LA FORZA

tratto da adusbef

sabato 13 ottobre 2007

CONTRATTI A TEMPO E LAVORO USURANTI LE MODIFICHE "sono giuste o no quesito?"

Limite di una sola deroga per i contratti a termine, con la stipula presso la Direzione provinciale del lavoro e l'assistenza dell'organizzazione sindacale «comparativamente più rappresentativa». Insieme alla cancellazione del tetto di 5mila unità per l'uscita anticipata dei lavoratori che svolgono attività usuranti.Per effetto di queste due modifiche il premier Romano Prodi è riuscito nel Consiglio dei ministri di ieri a far digerire il protocollo del 23 luglio anche alla sinistra radicale, che peraltro aveva già ammorbidito le proprie posizioni dopo l'ondata di sì al referendum. Forte di quell'82% di lavoratori favorevoli all'accordo, Prodi ha messo all'angolo quei ministri che contestavano il protocollo, riuscendo sostanzialmente a confermare il testo d'ingresso. Il resto lo ha fatto il paziente lavoro di trascrizione compiuto dal ministro Cesare Damiano che ha aggiunto «arricchimenti e specificazioni[] di alcuni contenuti concertati con le parti sociali»». Alla fine, sotto il richiamo della piazza (il corteo in programma per il 20 ottobre) Rc e Pdci hanno comunque scelto di astenersi, mentre Sd e Verdi hanno votato un sì (seppur con riserva). La nuova formulazione sui contratti a termine, peraltro, incassa il pieno consenso della Cgil, che in precedenza aveva contestato la norma, pur dicendo sì all'impianto del protocollo. Il testo originario era considerato da Guglielmo Epifani troppo blando, sia per la mancanza di un tetto alle proroghe, che per la possibilità teoricamente data ai sindacati "gialli" di assistere il lavoratore nella vertenza. La nuova versione è però criticata dalla Confindustria e la Cisl, sollevando un problema di metodo, chiede che il Governo riconvochi le parti. Il testo prevede che quando il contratto a termine superi complessivamente i 36 mesi «il rapporto si considera a tempo indeterminato». È possibile una sola volta la stipula di un ulteriore contratto, ma alla presenza di un rappresentante «dell'organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale», alla quale «il lavoratore sia iscritto o conferisca il mandato». Viene anche confermato il diritto di precedenza nelle assunzioni al lavoratore che ha prestato attività presso l'azienda per oltre 6 mesi (un principio analogo è previsto per gli stagionali).Incassa il sostegno della sinistra di governo anche l'eliminazione del tetto di 5mila uscite per consentire ai lavoratori impegnati in attività usuranti di andare in pensione in anticipo di tre anni rispetto ai nuovi requisiti (non prima dei 57 anni di età). Il testo conferma, tuttavia, che le uscite anticipate sono consentite entro il limite delle risorse stanziate. «[]Abbiamo mantenuto l'impianto concordato con le parti sociali – ha spiegato il ministro Damiano – cioè il tetto di spesa per 2,5 miliardi in 10 anni e le clausole come il lavoro notturno e quello vincolato. Verranno stabiliti criteri stringenti per evitare abusi». Il ministro Damiano ha spiegato che convocherà a breve le parti sociali per definire i termini applicativi del Protocollo, con l'obiettivo di completare tutto l'impianto normativo entro il 31 dicembre. Ed ha annunciato: «Insieme alle stabilizzazioni nei call-center, per il 2008 ci concentreremo sul lavoro a progetto in tutti i settori produttivi».Novità anche sul part-time, con l'eliminazione degli accordi individuali tra lavoratori e azienda. Saranno i contratti stipulati dalle «organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale» a stabilire le condizioni (poi si potrà intervenire con accordi individuali). Per chi ha trasformato un tempo pieno in part-time, inoltre, è previsto il diritto di precedenza nelle assunzioni. Tra le novità, è stato quantificato l'aumento dei contributi di un punto l'anno per il prossimo triennio (nel 2008 si sale al 24% rispetto all'attuale 23%) per i parasubordinati iscritti alla gestione separata che non hanno altre forme di previdenza. Mentre passerà dal 16% al 17% l'aliquota degli iscritti alla gestione separata che hanno altre forme di previdenza o sono già pensionati. E vengono destinati 50 milioni al fondo per gli indennizzi per danno biologico per la copertura degli infortuni dei lavoratori, che potrà così ritoccare le tariffe ferme al 2000.


(tratto dal sole 24ore)
un mio commento e che se i cambiamenti fossero cosi tanti le votazioni che sono state fatte sul welfare perderebbero di significato,perche i lavoratori potrebbero non essere daccordo specie se magari vengono restrinte le categorie a cui si applica la legge dei lavori usuranti ,nella seconda parte invecie trovo giusto che dopo 36 mesi "tre anni" anche non continuativi di lavoro a termine cioe 6mesi poi 2 di stop e poi altro periodo fino ad un totale di 36 mesi piu un rinnovo ,si debba porre fine ha questa incertezza ed essere assunti indeterminatamente ,anzi mi sembra ancora migliorabile perche se consideriamo anche un periodo di lavoro interinale e la durata dei contratti una persona potrebbe avere un contratto a tempo indeterminato dopo piu 5 anni ,poi allora non si puo criticare un ragazzo se non lascia casa se non aumentano i consumi ecc...

sono accetti commenti.

giovedì 11 ottobre 2007

"Le banche scippano 5,7 miliardi" nuova denuncia alla casta delle banche

La denuncua di Adusbef e Federconsumatori: inapplicato il decreto Bersani
R. E. S.
ROMANonostante le liberalizzazioni le banche continuano ad applicare costi ingiustificati: è l’accusa delle associazioni dei consumatori. «A 15 mesi dal primo pacchetto Bersani - avvertono Adusbef e Federconsumatori - la casta degli intoccabili banchieri, che vessa i risparmiatori, non ha applicato la legge, lucrando 5,7 miliardi di euro scippati ai correntisti». un monitoraggio rivela numerose violazioni su simmetria dei tassi, portabilità dei mutui, equità sulle penali dei vecchi mutui, rinegoziazione dei prestiti e spese di chiusura dei conti.Riguardo alla simmetria dei tassi, il decreto Bersani obbliga le banche a un adeguamento automatico dei tassi bancari in contemporanea con le mosse della Bce. «In un anno - sottolineano Adusbef e Federconsumatori - la Bce ha effettuato 5 aumenti del costo del denaro, pari all’1,25%. Dopo le cinque decisioni dell’Eurotower le banche italiane hanno tempestivamente aumentato il costo del denaro su mutui, prestiti personali, fidi e finanziamenti, con una stangata di 1.350 euro l’anno su un modesto mutuo a tasso variabile, senza aumentare minimamente i tassi sui depositi». Questa elusione sistematica delle norme, secondo i consumatori, ha consentito alle banche un guadagno illecito pari a 5,7 miliardi di euro al 30 settembre, calcolato su un monte depositi di 682 miliardi di euro. Per quanto riguarda la portabilità dei mutui, le banche monitorate da Adusbef e Federconsumatori «non hanno ancora applicato questo provvedimento, forse perchè consigliate dalla corporazione dei notai». «Banche distratte o in malafede - stigmatizzano le due associazioni - cercano di fare orecchie da mercante perfino su un accordo chiaro, che prevede sconti per tutti i mutui, sia fissi sia variabili contratti prima del 2001, con una penale massima dello 0,50% e con una clausola di garanzia dello 0,20% anche per quella penale massima dello 0,50%, che in tal caso diventa dello 0,30%». A più di cinque mesi dall’accordo, aggiungono, gli istituti di credito che avevano incassato penali non dovute fanno fatica a restituire il conguaglio ai consumatori: «Cedono solo dopo i reclami degli utenti e gli interventi delle associazioni, affermando di avere male interpretato la norma, prendendosi tutto il tempo per i rimborsi e provando anche ad addebitare commissioni illecite e non dovute». L’applicabilità delle nuove norme sulla cancellazione automatica dell’ipoteca è espressamente prevista anche ai mutui estinti in precedenza all’entrata in vigore della legge, ma anche in questo caso, secondo Adusbef e Federconsumatori, gli istituti di credito continuano «a provarci, chiedendo da 400 e fino a 1.000 euro per una cancellazione dell’ipoteca che deve essere invece estinta gratuitamente alla fine del pagamento dell’obbligazione. Solo dopo interventi duri dell’Adusbef, banche che richiedevano il notaio per cancellare l’ipoteca promettono di estinguerla gratis». Sarebbe infine illusoria la gratuità per la chiusura del conto corrente: «I costi di estinzione sono stati sostituiti da “oneri e spese di liquidazione interessi”, che variano da 12 euro di Banca Fideuram ai 95 del Monte Paschi».

fonte tratta dalla stampa

mercoledì 10 ottobre 2007

proporre un sito

Come Proporre un Sito
Proporre la valutazione di un sito
La seguente affermazione spiazzerà diverse persone: il compito di ODP non è quello di aggiungere alla directory i siti suggeriti dai webmaster. E non vi è modo per un webmaster di inserire un sito nella directory.
Tutto quello che un webmaster può fare è suggerire (non inserire) a DMOZ la valutazione di un sito e tale suggerimento non va considerato tanto una richiesta di inserimento quanto un modo per contribuire a migliorare la directory, dicendo agli editori "Vi informo che, tra i milioni di siti esistenti sul web, questo sito potrebbe avere le caratteristiche necessarie ad essere incluso nella categoria X della directory". Tutto qua, niente di più.
La presenza di un sito in DMOZ non è dunque la conseguenza naturale e scontata di una richiesta di inserimento (perchè, come detto, è bene non vedere il suggerimento di valutazione come una richiesta) bensì solo una eventuale conseguenza della qualità e dei contenuti del sito.
Gli editori, inoltre, hanno molteplici metodologie per individuare i siti da valutare ed inserire e i siti segnalati dai webmaster non sono che uno dei tanti metodi che DMOZ possiede per venire a conoscenza di nuovi siti.
Ciò implica che ai siti segnalati dai webmaster può non essere assegnata alcuna preferenza o priorità particolare rispetto agli altri, tanto che un sito mai segnalato può benissimo apparire improvvisamente nella directory in barba a siti segnalati da tempo dai webmaster desiderosi di un inserimento. È bene prendere atto e accettare sin dall'inizio questo stato di cose, evitando aspettative di alcun genere.
I passi per suggerire l'URL:
Trovare la categoria che più si avvicina al tema del sito. La ricerca è possibile tramite lo stesso DMOZ, basta inserire una parola chiave di un sito che è stato già recensito e simile a quello che si vuole suggerire e il sistema trova la categoria più attinente dove proporlo.
Leggere dalla pagina delle direttive di accettazione se per caso il sito che si intende proporre è del tipo che DMOZ non accetta. Se il sito non è accettabile, è inutile proporlo perché verrebbe comunque scartato e si farebbe solo perdere tempo agli editori.
Individuare una SINGOLA categoria di ODP quella che più di ogni altra sembra collegarsi ai contenuti e alla tipologia del sito da segnalare. Questo passo è importantissimo in quanto una scelta poco azzeccata potrebbe rallentare, anche considerevolmente, i tempi di attesa della valutazione.
È necessario individuare la categoria più "profonda" possibile nella gerarchia, ovvero quella più specifica e meno generica. Quindi bisogna percorrere l'albero delle sottocategorie verso il basso, fino a trovare quella più pertinente al tema principale del sito.
I siti web con contenuti in lingua differente dall'inglese vanno proposti nel ramo di World/ relativo alla lingua del sito. Tutti gli URL indicati negli esempi seguenti hanno come presupposto che il sito da segnalare sia in lingua italiana.
I siti che permettono l'acquisto online di prodotti o servizi vanno proposti nel ramo Acquisti/, i siti aziendali o riguardanti attività commerciali vanno proposti nel ramo Affari/ e i siti dedicati ad un preciso territorio geografico vanno proposti nel ramo Regionale/.
Esistono rare eccezioni in cui un sito può essere proposto in più di una categoria. Ad esempio, un sito multi-lingua può essere proposto nell'opportuna categoria tematica di ciascuno dei rami linguistici di cui il sito possiede una versione. Un sito aziendale va generalmente segnalato nell'attinente sottocategoria regionale/, da scegliere in base al luogo in cui risiede la sede dell'azienda; tuttavia se è possibile usufruire dei servizi aziendali senza doversi recare fisicamente presso la sede, allora il sito può essere proposto anche nella più attinente sottocategoria tematica di Affari/. Infine un sito dedicato in modo specifico a bambini o ragazzi di età inferiore ai diciotto anni può essere proposto oltre che nel ramo "regolare" della directory anche nell'apposito ramo Kids & Teens.
Tuttavia va precisato che proposte molteplici e indiscriminate, al solo scopo di far ottenere più visibilità ad un sito web sono considerate spam da DMOZ. Nel caso in cui si abbiano dubbi circa l'opportunità di suggerire un sito in più di una categoria, è opportuno chiedere prima consigli nel forum pubblico degli editor DMOZ .
Individuata la categoria più attinente, bisogna controllare se in alto a destra nella pagina esiste un link ad una pagina di descrizione o FAQ e leggerne attentamente tutti i contenuti.Queste pagine, se presenti, forniscono infatti importanti informazioni su quali tipologie di siti sono accettate o rifiutate nella categoria. A volte contengono eccezioni alle regole principali, quindi è strettamente necessario leggere attentamente tutte le precisazioni pubblicate.
Oltre alle pagine di descrizione e FAQ della specifica categoria in cui si intende proporre il sito, è importante consultare anche le pagine di descrizione e FAQ relative alla sua categoria tematica madre, che ospitano chiarimenti sulla tipologia di siti web accettabili.
Ad esempio, è bene consultare anche le descrizioni della categoria Affari o quella della categoria Acquisti e così via, a seconda del ramo in cui il sito verrà proposto.
Cliccare il link "Suggerisci URL" in cima alla pagina della categoria che è stata ritenuta più attinente ai contenuti del sito.
Se tale link non fosse presente, allora vorrebbe dire che la categoria non accetta segnalazioni, solitamente perché si tratta di una catagoria troppo generica (nel qual caso è necessario individuare una delle sue sottocategorie più specifiche) oppure perché si tratta di una categoria "di rimando", una sorta di indice con link verso le categorie vere e proprie.
Cliccato il link "Suggerisci URL" si accede alla pagina contenente il modulo di segnalazione di un sito. È necessario leggere attentamente tutte le indicazioni di compilazione vicine ad ogni campo da compilare e seguirle scrupolosamente.
Ignorare le indicazioni e fare di testa propria può portare al rallentamento della valutazione del sito e a volte anche alla sua esclusione dalla directory. Gli errori più comuni che i webmaster compiono in fase di suggerimento di un sito sono illustrati nella prossima sezione di questo articolo, "Come rallentare la valutazione".
Una volta compilati correttamente tutti i campi del modulo è sufficiente cliccare il pulsante "Invia" in fondo alla pagina e attendere la visualizzazione della pagina di conferma di ricezione del modulo.
Appuntarsi da qualche parte il nome della categoria in cui il sito è stato suggerito e possibilmente anche altri dati, quali la data di segnalazione e l'URL esatto che è stato segnalato. Questi dati potrebbero risultare indispensabili in futuro ed è dunque fortemente consigliato conservarli.
A questo punto è stato fatto tutto ciò che era possibile fare. Il nostro consiglio non è quello di attendere con trepidazione che il sito venga valutato ed eventualmente inserito, in quanto spesso può trascorrere molto tempo (anche mesi o qualche anno nei casi più lunghi). Al contrario, noi preferiamo consigliare l'approccio del "Suggerisci e dimentica", in quanto non c'è comunque nulla che il webmaster possa fare per velocizzare il processo.


tratto da editando.org

FERROVIE: SE LE BUSTE ERANO ANCORA CHIUSE,COME HA FATTO L’AZIENDA SIRTI A VINCERE L’APPALTO DA 1 MILIARDI DI EURO ?

interessante comunicato stampa dell associazione adusbef,

FERROVIE: SE LE BUSTE ERANO ANCORA CHIUSE,E HA FATTO L’AZIENDA SIRTI A VINCERE L’APPALTO DA 1 MILIARDI DI EURO PER IL RIFACIMENTO DELLA INTERA RETE INFORMATICA DELLE FERROVIE ED A CHIEDERE LA SOSPENSIONE DEL TITOLO ? IN DUE ESPOSTI DENUNCE,ADUSBEF HA CHIESTO CHE LE PROCURE DELLA REPUBBLICA FACCIANO PIENA LUCE SU ENNESIMO SCANDALO ITALIANO.ADUSBEF HA CHIESTO L’ANNULLAMENTO DI UNA GARA PER GRAVI VIZI FORMALI.In un esposto denuncia,presentato oggi alle Procure della Repubblica di Milano e di Roma,Adusbef ha chiesto di verificare se nella gara da un miliardo di euro indetta dalle Ferrovie dello Stato per il rifacimento dell'intera rete informatica delle ferrovie, che avrebbe visto la vittoria della Sirti, società specializzata nell’ingegneria e quotata in borsa che lunedì 1 ottobre 2007, ha chiesto ed ottenuto la sospensione del titolo dal mercato,perché si sarebbe aggiudicato un lavoro importante che copre un periodo di sei anni, rinnovabile per altri sei, dove ci sarebbero stati altri partecipanti nel settore delle TLC, siano stati concretizzati e reati di aggiotaggio,insider trading,turbativa di mercato, corruzione e concussione.Lunedì mattina Sirti società quotata con sede legale a Milano,Via Stamira d’Ancona,9, che starebbe per essere scalata da un'Opa lanciata dal fondo Euraleo e 21 Partners,ha chiesto ed ottenuto dalla Consob la sospensione del titolo dalle contrattazioni di Borsa, ma da parte delle Ferrovie non è arrivata alcuna conferma, e dopo 48 ore di incredibile silenzio, Sirti è stata costretta ad emettere un comunicato in cui ammette che le Ferrovie non hanno ancora formalizzato la vittoria. La maxi-gara per il rifacimento della rete informatica delle ferrovie si è conclusa il 16 settembre e le buste con le offerte economiche, secondo quanto pubblicato da alcuni quotidiani, fino a ieri sera 3 ottobre non erano state ancora aperte: come è possibile che Sirti sapesse già dalla settimana scorsa,sabato 29 settembre, di avere in tasca il contratto ed aver vinto l’appalto ?Chi ha fornito le informazioni a Sirti che hanno fatto scattare la sospensione del titolo in borsa, se non vi era ancora stata l’apertura delle buste , definito dal quotidiano MF "l'assurdo balletto di Ferrovie su Sirti", una società in cui si ritrova anche il fondo Clessidra di Claudio Sposito, l'uomo che per cinque anni è stato amministratore delegato della Fininvest ?Da qui gli esposti denunce dell’Adusbef alle Procure della Repubblica ( di Roma,competente per La sede legale delle Ferrovie,e di Milano, competente per la sede legale di Sirti e per la sede della Borsa), perché delle due l’una: o all’interno delle ferrovie vi possono essere state delle talpe che hanno dato informazioni certe sull’esito di una gara pubblica data per vinta,che a questo punto deve essere annullata anche se fosse stata davvero vinta da Sirti, oppure sono state fornite informazioni false su una società quotata, allo scopo di modificare artificiosamente i corsi dei mercati, per conseguire illeciti profitti a danno dei risparmiatori ed investitori. Elio Lannutti (Presidente Adusbef)Roma,4.10.2007



(interessante da sapere vedremo come va a finire)